Benutzer:Eriosw/Jacopo IV. Appiano

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Alla morte di Jacopo III prese il potere il giovane figlio Jacopo IV,[1] in un primo tempo sotto la reggenza materna che pilotò il matrimonio del figlio: questi nel 1476 sposò Vittoria Todeschini Piccolomini d'Aragona (Napoli, 1460 - Piombino, 1518), figlia di Antonio Todeschini Piccolomini d'Aragona e di Maria d'Aragona,[1] seguendo la tradizionale alleanza familiare con la corte napoletana.

Come molti altri principi minori, per vivere si mise al servizio degli stati italiani più potenti. Fu così Capitano delle Armate del Re di Napoli dal 1479 al 1483, di quelle dei Marchesi d’Este[2] fino al 1485, di quelle della Repubblica di Firenze nel 1485, di quelle della Repubblica di Siena fino al 1498,[1] Governatore d'Armi delle Armate della Repubblica di Firenze[1] fino al 1501, nello stesso anno fu anche Capitano delle Armate del re di Francia,[2] e infine Generale delle Armate del Re d'Aragona[2] nel 1507.

Dopo quasi trent'anni di regno tranquillo e senza scosse, in linea con gli avvenimenti italiani, lo stesso trono degli Appiano vacillò: Jacopo IV perse lo stato ad opera di Cesare Borgia. Avvisato dell'arrivo del Borgia (1501),[1] Jacopo si rifugiò a Genova, dando disposizioni al fratello Gherardo di proteggere la città. Cesare Borgia conquistò senza troppa difficoltà tutti i paesi e i castelli dello Stato per poi sferrare l'assalto alla capitale: le cronache riportano di un assedio[1] di circa tre mesi, al termine dei quali la città, carente di viveri, si arrese. Il 3 settembre Cesare Borgia, con i suoi Vitellozzo Vitelli e Gianpaolo Baglione entrano trionfanti dalla Porta a Terra. Il 21 febbraio 1502 Papa Alessandro VI (padre di Cesare Borgia) e la sua corte visitarono Piombino, intrattenendovisi due settimane. Grandi feste e banchetti in una città che ancora portava i segni del duro assedio di pochi mesi prima, furono a carico della Comunità. Il Papa, che volle invitare nel Palazzo di Cittadella le più belle ragazze piombinesi, vi tenne in compagnia di suo figlio Cesare ed alcuni cardinali una sfarzosa festa[2] privata. In questo periodo, il pontefice tenne una messa solenne nella chiesa di Sant'Antimo, riconsacrandola ed attribuendovi una seconda intitolazione, a Sant'Agostino, in onore dei padri agostiniani che vi officiavano. In questa ricorrenza, il papa donò anche alla chiesa una pisside d'oro, andata dispersa. Alla morte di Alessandro VI, nel 1503 (18 agosto), Cesare Borgia dovette abbandonare la signoria di Piombino e l'anno seguente Iacopo IV rientrò in possesso del suo Stato[1] con grande giubilo del popolo.[2]

Memore dello smacco ricevuto, per avere una base più stabile al proprio potere politico, Jacopo IV si avvicinò alla Corte Imperiale divenendo, per volere di Massimiliano I, Principe del Sacro Romano Impero con diploma imperiale dell'8 novembre 1509[1] e quindi, per estensione del titolo principesco sul cognome, primo Appiano principe in Piombino. Questo titolo non va confuso con quello di Principe di Piombino, che fa riferimento al feudo.

Sotto la signoria di Iacopo IV si ha più volte nella città di Piombino il soggiorno di Niccolò Machiavelli,[1] negli anni 1498, 1500, 1504, 1507, che lavorò per ragioni diplomatiche tra gli Stati di Piombino e Firenze e di Leonardo da Vinci nel 1502 e 1504;[3] il genio di Vinci soggiornò alla corte dell'Appiani e fu molto laborioso, progettando opere e scrivendo trattati di varia natura, nei campi dell'ingegneria militare, idraulica, civile, come si può tuttora leggere nel testo Codice di Madrid II. Sono da attribuire a Leonardo i bastioni[3] semicircolari a difesa esterna della Cittadella (ancora esistenti); sempre nel campo difensivo apportò modifiche alle fortificazioni del Castello.[3] In materia idraulica progettò un sistema di dighe, mai realizzato, per la bonifica del lago di Piombino e il riutilizzo dell'acqua del fiume Cornia. Nel 1504 dipinse un'opera ad olio presso lo Scalo della Tarsinata al Porticciolo di Marina intitolata Ombre Verdi, andata perduta.

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Matrimonio e discendenza

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Jacopo IV nel 1476 sposò per questioni dinastiche Vittoria Todeschini Piccolomini d'Aragona (Napoli, 1460 – Piombino, 1518), figlia di Antonio Todeschini Piccolomini d'Aragona e di Maria d'Aragona, seguendo la tradizionale alleanza familiare con la corte napoletana. I due ebbero in tutto cinque figli:[2]

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  2. a b c d e f g h i j k Vorlage:Cita
  3. a b c Vorlage:Cita web

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Collegamenti esterni

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